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Capitolo 2.

POV: GABRIEL

"Ciao, Fanny, com'è andata all'università?" Gabriel parlò con il linguaggio dei segni quando sua sorella salì in macchina.

"Mezzo meglio di quanto immaginassi, ho conosciuto una ragazza che è stata gentile con me!" Fanny segnalò eccitata.

"È una buona cosa, non ti avevo detto che qui sarebbe stato meglio per te!" parlò con il linguaggio dei segni.

"Calmati, è l'unica che è simpatica!" Fanny parlò con il linguaggio dei segni.

Ma lui non prestava più attenzione a sua sorella, il suo sguardo seguiva una ragazza estremamente bella, con i suoi enormi capelli biondi che venivano portati indietro leggermente dal vento, il suo viso sembrava scolpito, era così bella, le sue labbra erano piene e rossastre, il suo naso era sottile e la sua pelle bianca spiccava con le guance un po' rosate, e il suo corpo, oh, era la perfezione, seni pieni che si potevano vedere perché indossava una maglietta corta e larga ma che si aggrappava ai suoi bellissimi seni, non era troppo alta, era perfetta.

Era impazzito per quella ragazza subito, sapeva che quella ragazza doveva essere sua, rideva con alcune ragazze, e provava una gelosia quasi malsana quando un ragazzo la abbracciava da dietro e stringeva forte il volante, non aveva mai avuto così tanta voglia di prendere a pugni qualcuno come sentiva per quel ragazzo.

La bellissima ragazza spinse subito il ragazzo e litigò con lui, lasciando Gabriel completamente soddisfatto, quella ragazza sarebbe stata sua e conseguentemente di suo fratello, poiché era inevitabile che se uno piaceva una donna anche l'altro l'avrebbe piaciuta, erano sempre stati così e quella ragazza era arrivata a me.

Fui interrotto da Fanny che mi scuoteva, rivolsi la mia attenzione a lei.

"Cosa c'è, stai lì fermo come un pazzo!" fece segni.

"Scusa Fanny, stavo pensando a qualche questione aziendale!" Parlò con il linguaggio dei segni e rivolse di nuovo la sua attenzione alla bellissima ragazza che era già andata via, guardò intorno ma non la trovò, accese la macchina e partì, imprecando perché non aveva visto in quale direzione fosse andata. Accese la macchina e partì.

POV: ANTONELLA

Quando sono arrivata a casa mia madre stava ancora dormendo, ho ringraziato Dio, così non avrei dovuto spiegare il cellulare che ho ricevuto da Gustavo, ho guardato le bottiglie di bevande e qualche residuo di droga intorno e ho sospirato.

Sono andata nella mia stanza e ho iniziato a usare il mio nuovo cellulare. Ricevevo sempre regali dai ragazzi dell'università, per lo più gioielli e vestiti, borse, sapevo che era tutto nella speranza che scegliessi uno di loro, ma non sarebbe successo, non mi piaceva nessuno dei ragazzi dell'università.

Ma se a loro piace darmi regali, li accetterò. Sono andata a fare una doccia, presto avrei incontrato Julia, e saremmo andate in una nuova palestra di lusso che aveva aperto nel suo quartiere chic, poiché non voleva andarci da sola, aveva convinto suo padre a pagare la quota mensile per me.

Odiavo, fare ginnastica non è il mio forte, ma Julia mi aveva convinto, ho indossato i miei vestiti da palestra e chiamato un Uber, tutto a spese di suo padre, non avevo soldi, e avevo urgentemente bisogno di un lavoro dato che mia madre usava il suo stipendio per bevande, droghe e feste.

Quando sono uscita stava ancora dormendo sul divano, ho preparato un po' di cibo e l'ho lasciato per lei prima di uscire. Quando sono arrivata in palestra mi sono sentita sciocca, era enorme, ho visto Julia alla porta e sono andata da lei.

"Mamma mia, sei una bomba Antonella, è imbarazzante entrare lì con te!" disse, io risi.

"Ma dai, anche tu sei una bomba!" parlai.

"Antonella, peso 100 chili e sono alta 1,65, non sono una bomba, sono davvero grassa!"

"Stai zitta Julia, sei formosa, e con quel sedere enorme, attiri molta attenzione!" dissi e lei rise.

"È per questo che ti voglio bene, la mia amica è quasi cieca!"

"Andiamo a questa tortura subito!" dissi ed entrammo in palestra.

MIO DIO, pensai esausta, come poteva qualcuno pagare per essere torturato così, le braccia e le gambe erano già senza forza dagli esercizi che l'istruttore ci aveva insegnato e questa roba era solo per riscaldarsi.

Misi le mani sulle gambe senza sentirle, Julia rise.

"Amica, la tua resistenza fisica è peggio della mia" rise "Almeno una cosa in cui ti batto!"

"Amica, chi paga per essere torturato così?" parlai senza fiato.

"Tutti qui sono pigri e guarda quanto è affollato."

"Julia, non verrò mai più con te, mi arrendo!" ero seria.

"Smettila di essere molle, Antonella, è passato solo mezz'ora!"

"Amica, sto scherzando, pensavo fosse ora di andare via," dissi scioccata, Julia rise.

"Andiamo ragazze, ora lavoriamo sulle gambe!" disse l'uomo, sospirai. "Forza, bionda, rendi quelle gambe ancora più belle!" disse sorridendo.

"Signore aiutami, ti odio, Julia!" dissi, seguendo l'istruttore per un altro giro di pura tortura.

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