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Capitolo 8 Marito e moglie come comunità

Ethan diventò rosso alle parole di Ava, pronto a parlare, ma Mia, furiosa, lo interruppe. "Siete una coppia! I suoi affari sono i tuoi affari!"

Ava sorrise leggermente. "Non ero l'unica moglie di Ethan. Quando ha preso Sophia come concubina e le ha promesso lo stesso status, il nostro legame si è spezzato."

Mia iniziò a tossire violentemente, colta di sorpresa dalla serietà di Ava.

'Spendere questi soldi per il loro matrimonio farà guadagnare il favore di Ethan. Non capisci? Il tuo futuro dipende da tuo marito!' pensò, scuotendo la testa.

Ava osservò la crisi di tosse di Mia ma non si mosse per aiutarla.

Emily, osservando, notò un cambiamento in Ava. Questa non era la persona remissiva che conosceva.

Facendo un passo avanti, spinse Ava, la sua voce tagliente. "Non vedi che la mamma sta soffrendo? È colpa tua! Questi soldi non significano nulla per te. Anche se li pagassi tutti, che differenza farebbe?"

Ava incontrò lo sguardo di Emily con calma. "Non avevi promesso di restituire i vestiti e i gioielli che hai preso in prestito? Fallo prima di darmi lezioni."

Emily rimase senza parole. Non voleva restituirli perché tutti i suoi pezzi impressionanti per gli incontri delle nobildonne erano regali di Ava. Restituirli l'avrebbe lasciata senza nulla da indossare, nulla con cui competere con l'élite della Capitale. Affrontare il loro disprezzo con abiti ordinari era insopportabile.

Lo sguardo di Ava percorse la stanza. Madison sogghignava, mentre il padre e il fratello di Ethan erano imbronciati.

"La mamma sembra stare meglio ora," disse Ava, "quindi me ne vado. L'amministratore è occupato con i conti di oggi. Date l'IOU a Emma; se ne occuperà lei." Detto questo, se ne andò.

"Tu!" La tosse di Mia peggiorò al sentire la parola "IOU."

La mattina seguente, Ava ed Emma tornarono al desolato Palazzo del Marchese del Nord.

Si ergeva come un monumento alla tragedia. Il padre e i fratelli di Ava erano caduti in battaglia, le loro mogli e figli massacrati. Lei era l'ultima, un ramo solitario su un albero caduto.

Sei mesi di abbandono avevano lasciato il segno sul palazzo. I giardini un tempo immacolati erano in rovina, un'unica erbaccia si ergeva verso il cielo dal centro.

Le tavolette ancestrali, fortunatamente, erano rimaste intatte nella sala, un testamento alla discendenza e alla perdita. Le lacrime scorrevano liberamente mentre Ava ed Emma entravano, il peso del dolore soffocante. I ritratti dei parenti caduti fiancheggiavano le pareti, ciascuno una ferita fresca nel cuore di Ava. Le sue dita tremavano mentre sfioravano le fredde tavolette di pietra, cercando conforto nella presenza dei suoi antenati.

La luce tremolante delle candele e il fumo dell'incenso riempivano la sala ancestrale. Ava si inginocchiò, le mani giunte in preghiera, le sue suppliche silenziose echeggiavano il dolore che la avvolgeva. Le lacrime le rigavano il viso, schizzando sul freddo pavimento di pietra. Quando si alzò, i suoi vestiti le aderivano, intrisi di dolore, ma i suoi occhi brillavano di una nuova determinazione.

Come un fiore di pruno che resiste all'abbraccio rigido dell'inverno, la sua voce risuonò con determinazione. "Padre, Madre, e tutti i miei parenti defunti, offro questa preghiera, cercando la vostra comprensione nell'aldilà. Ho onorato i desideri di mia madre, abbracciando il matrimonio, gestendo la casa, servendo mia suocera, credendo che questa fosse la mia strada."

"Ma Ethan non è l'uomo che pensavo fosse, non uno di cui posso fidarmi con la mia vita. Siate certi, traccerò il mio cammino in questo mondo."

"E la verità di quell'anno fatale, avvolta nelle ombre, sarà portata alla luce. Questo, lo giuro."

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