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Capitolo 2 Il bambino

Il mondo divenne nero davanti ai suoi occhi mentre Jasmine veniva spinta in una macchina, rannicchiandosi tremante e senza speranza in un angolo.

Non poteva donare un rene; sarebbe morta.

E non poteva morire ancora.

"Jasmine, com'è stata la vita in prigione negli ultimi cinque anni?" chiese Daniel, scrutando la sua figura rimpicciolita nell'angolo, ben lontana dalla donna orgogliosa che era una volta. Provava un'emozione complessa nel profondo.

Jasmine trasalì, forse un riflesso condizionato dall'essere stata bullizzata in prigione; si avvolse le braccia intorno alla testa in segno di protezione e paura.

"Sei diventata muta?" chiese Daniel con disgusto mentre le pizzicava il mento. Il sangue fresco, rosso scuro sulla sua fronte risaltava contro il suo viso pallido.

"Bene..." La voce di Jasmine tremava, piena di tanto odio quanto disperazione.

Grazie a Daniel, la sua vita in prigione era stata un inferno vivente.

Il giorno della sua liberazione, un'altra detenuta che l'aveva tormentata incessantemente alla fine crollò e rivelò la verità: era stata pagata dagli uomini di Daniel per 'prendersi cura' di Jasmine durante quei cinque anni.

Il pomo d'Adamo di Daniel si mosse mentre guardava le ferite sul viso di Jasmine e poi la spinse via con repulsione.

Disgustoso.

Jasmine osservava insensibile l'uomo che aveva amato per tutta la sua giovinezza. Ora non suscitava più nulla dentro di lei.

Aveva smesso di amarlo molto tempo fa.

...

Ospedale Generale di Silverlight City.

Daniel trascinò Jasmine fuori dalla macchina senza cerimonie.

Supplicando pietà, si inginocchiò davanti a lui, implorando.

Gli anni in prigione le avevano insegnato la dura lezione della paura.

"Daniel, per favore, non posso donare il mio rene. Non sono idonea... Farò ammenda, farò qualsiasi cosa tu chieda."

Jasmine implorava incessantemente.

In quel momento, senza una famiglia importante alle spalle, era dolorosamente consapevole che Daniel e i Wilson potevano schiacciarla facilmente come una formica.

Volevano che la sua vita fosse miserabile. Purtroppo, doveva vivere un'esistenza ancora più misera di quanto potessero immaginare solo per aggrapparsi alla vita, anche solo per guadagnare tempo per la sua prossima mossa.

Era chiarissimo per Jasmine che né Daniel né la famiglia Wilson l'avrebbero lasciata in pace.

Doveva sopravvivere... aveva delle ragioni per cui doveva sopravvivere.

Daniel fece un passo indietro inconsciamente. C'era un tumulto di emozioni nel suo sguardo, apparentemente sorpreso dalla vista dell'ex altezzosa erede della famiglia Wilson ridotta a uno stato così umile e abietto.

"Fratello, per favore, con l'influenza dei Wilson, ci deve essere una fila di persone disposte a donare un rene a Serena, giusto? Evan, ti prego... tu, papà e mamma sapete che il mio corpo non può sopportarlo."

Jasmine aveva una condizione cardiaca congenita e, anche dopo un intervento chirurgico da bambina, il suo corpo non poteva sopportare i danni derivanti dalla donazione di un rene.

Evan lo sapeva, eppure la guardava con un'indifferenza glaciale. "Questo è il tuo debito verso Serena. Se non fosse stato per tua madre che ti ha scambiata con mia sorella, saresti dovuta morire molto tempo fa."

Il corpo di Jasmine rimase rigido per un lungo tempo, per poi crollare debolmente a terra. "Non posso espiare in qualche altro modo?"

"Pensi di meritare quella possibilità?" Daniel sogghignò. "Jasmine, pensi che cinque anni di prigione cancellino i tuoi errori? Hai dimenticato cosa mi hai fatto? Quando mi hai tradito e sei andata a letto con quell'uomo? Hai mai pensato che saresti finita così?"

Jasmine non osava ricordare l'inferno di cinque anni fa, né aveva la forza di spiegare.

Il fratello che una volta aveva giurato di proteggerla per sempre, Evan, dopo aver scoperto la verità, l'aveva consegnata personalmente al letto di un altro uomo, tutto per rovinarla.

Agli occhi di Evan, Jasmine era un'impostora, e per estensione, il suo fidanzato Daniel apparteneva di diritto a Serena.

Così, Serena, con Daniel al seguito, era andata a cogliere Jasmine sul fatto.

Era stato tutto orchestrato da Serena ed Evan.

Tutto ciò che Serena, la vera vittima e legittima erede, diceva era preso come vangelo.

Ma le parole di una figlia di ladra come lei non avevano alcun peso.

...

Stanza d'Ospedale.

Serena era ancora in coma, il suo colorito mortalmente pallido.

Jasmine tremava mentre chinava la testa, non osando alzare lo sguardo.

Accanto al letto di Serena c'erano il patriarca, Benjamin Wilson, e sua moglie, Karen Wilson, quelli che Jasmine aveva chiamato papà e mamma per ventuno anni.

"Schiaffo!" Appena Jasmine entrò nella stanza, fu accolta dallo schiaffo di Karen, le sue emozioni alte e feroci.

Benjamin rimase composto, in netto contrasto con Karen. "Ha accettato?"

"Non ha il diritto di rifiutare." Daniel aveva già preso la decisione per Jasmine, costringendola a inginocchiarsi accanto al letto.

Tremante, Jasmine guardò Benjamin. "Papà... Signor Wilson, non soddisfo i criteri per essere donatrice, per favore risparmiatemi. Posso fare ammenda in altri modi; posso ripagare il mio debito alla famiglia Wilson..."

L'espressione di Benjamin si oscurò con disappunto.

Per Jasmine, i volti intorno a lei erano alieni. Nei suoi cinque anni di prigione, aveva persino dubitato che i ventuno anni della sua vita fossero stati un sogno.

"Jasmine, hai dimenticato? Cinque anni fa, ti sei vergognosamente infilata nel letto di quell'uomo, hai avuto il suo figlio bastardo e poi l'hai mandato via. Il bambino deve avere circa cinque anni ora." Daniel sapeva esattamente come colpire le vulnerabilità di Jasmine.

Jasmine alzò improvvisamente lo sguardo; i suoi occhi fissi su Daniel. La stava mettendo sotto pressione...

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