Capitolo 6
Il punto di vista di Isabelle
Ero nei boschi da un mese. Diedi un’occhiata al telefono: era all’85% e avevo già chiamato la mia famiglia per far sapere che stavo bene. Misi tutta la mia roba nella tenda; adesso sarei andata a caccia per poi accendere un fuoco. Ero la creatura più grossa da queste parti, quindi nessuno avrebbe toccato le mie cose mentre ero via.
Mi tolsi i vestiti e mi trasformai quasi all’istante. Faceva ancora un pochino male, perché da umana ero molto bassa, ma il mio lupo aveva le dimensioni di un Alfa. Annusai l’aria, pronta a trovare qualcosa da mangiare. Un cervo sarebbe stato troppo grande e un coniglio troppo piccolo… quindi avrei optato per il cervo. Potevo cucinare quello che avanzava sul fuoco. Sarebbe durato qualche giorno e avrei potuto mangiarlo anche da lupa, così non sarebbe andato a male.
Fiutai l’aria e individuai un giovane cervo maschio. Non mi stava prestando attenzione: per lui era la stagione degli amori, ed era troppo impegnato a cercare una compagna invece che a guardarsi dai predatori. Se fossi stata in forma umana, mi sarei messa a ridere. Era fin troppo facile. Mi acquattai più che potei. Essere un soffice lupo nero in una notte quasi senza luna aiutava parecchio.
Feci un passo avanti e un rametto si spezzò sotto il mio peso. «Merda», pensai, scattando all’inseguimento e sprecando più energie di quante ne avessi previste per catturare quella bestia. Lo inseguii a lungo nel bosco, più in profondità di quanto mi fossi mai spinta e molto lontano dal mio accampamento. Alla fine lo uccisi e decisi di trascinarmi dietro quella dannata carcassa per tutto il tragitto.
Mentre trotterellavo, mi parve di sentire qualcos’altro intorno a me, ma essendo il lupo più grosso della zona, non ero troppo preoccupata. La maggior parte dei randagi se la dava a gambe appena vedeva il mio lupo, perciò il fatto di essere già trasformata significava che non avrei avuto problemi. Arrivata all’accampamento, tornai umana, scuoiai e sventrai il cervo, e iniziai a usare il coltello e la mia forza per dividerlo. Gettai le parti non commestibili nel fuoco per ridurre l’odore.
Fu un lavoro maldestro, ma riuscii a dividerlo in sei parti uguali. Il fuoco che avevo acceso faceva schifo. Anche con un kit di accensione, continuava a spegnersi. Ci misi sopra un grosso ceppo e per un attimo sembrò divampare. Sospirai. Stava diventando una seccatura. Avrei voluto prestare più attenzione a scuola.
Sentii un rametto spezzarsi, un rumore forte e intenzionale.
Uomini nudi e lupi mi avevano circondata… e io ero solo in pantaloncini e canottiera.
«Ma guarda un po’, ragazzi, guardate qui… una femmina… una femmina molto piccola… e innocente». Supposi che a sghignazzare fosse il loro capo. Era alto circa un metro e ottantacinque, con i capelli grigi, e dimostrava una trentina d’anni. Mi resi conto che era il tizio che avevo incrociato appena me n’ero andata… Mi avevano seguita per tutto questo tempo? A giudicare da quanto erano tutti malmessi, dovevano essere in giro da un bel po’. I randagi non vogliono un branco; vogliono solo creare problemi. Non gli avrei dato corda. Non mi facevano paura. Ne vidi spuntare altri dalle ombre.
Non mi sorprendeva che avessero il terrore di papà, ma non di me. «Levatevi dai piedi, non sono in vena di giocare con dei pivelli», ringhiai come un Alfa. La cosa lo sorprese, ma fece comunque due passi avanti.
«Siamo in quindici, pupa, e quell’attrezzatura e quella carne che hai lì farebbero molto più comodo a noi… e anche quel tuo corpicino… Fai la brava e forse vedrai l’alba. Paparino non è qui per salvarti», disse, leccandosi le labbra.
Ringhiai e mi trasformai. E così fecero loro. Li combattei come meglio potevo e, per un bel po’, riuscii a tenergli testa. Puntai al loro capo. Ci ringhiammo e azzannammo a vicenda, ma io ero più grossa di lui. Lo inchiodai a terra, ma a quel punto non sapevo cosa fare. Non si sottometteva… e io non avevo mai ucciso nessuno prima.
Nella mia esitazione, uno di loro mi morse a una gamba e io urlai. Lasciai andare il capo per scattare verso la faccia dell’altro. Non lo colpii, ma gli arrivai abbastanza vicino da spaventarlo e farlo allontanare. Non aveva previsto che fossi così agile, dopo essermi allenata per tutta la vita con maschi enormi e incredibilmente forti. Era uno dei pochi vantaggi che avevo nell’addestramento, sia nel corpo a corpo che da lupa.
Dopo che non avevo ucciso il loro capo, si erano fatti audaci e avevano iniziato a cercare di mordermi tutti insieme. Corsi a nascondermi dietro un grosso albero. Era un riparo schifoso, ma almeno nessuno poteva colpirmi così facilmente allo scoperto. Loro ulularono vittoria, mentre io ululavo dominanza.
Ci fu un ruggito così forte che la maggior parte degli uomini perse la propria forma. Tutti gli altri, me compresa, si sottomisero. Era vicino.
Troppo vicino.
Calò il silenzio.
Nella fioca luce della luna lo vidi. Era enorme. Il suo corpo muscoloso era coperto di cicatrici. Mentre avanzava nudo, il suo viso era quello di un uomo segnato dalle battaglie, dai lineamenti scolpiti e dallo sguardo glaciale; per fortuna, la sua nudità era oscurata dai fitti cespugli. Aveva gli occhi rossi del suo lupo… era davvero un Alpha. Un Alpha Ramingo nei boschi… Doveva essere alto almeno quanto mio padre. Ringhiò, guardandoli. Gli uccelli volarono via dagli alberi e il vento mi soffiò alle spalle, impedendomi di sentire il suo odore, ma potevo solo immaginare quanto fosse potente.
«Venite nella mia terra marcata e mi svegliate» ringhiò; la sua voce profonda risuonò per tutta la foresta. «Poi trovate e infastidite una femmina. Una femmina molto ingenua.» I suoi occhi scattarono verso di me e non riuscii a distogliere lo sguardo… non potevo staccare gli occhi dai suoi, così rossi. Ignorò la mia mancanza di rispetto, inspirando profondamente. «Nessuno di voi sopravvivrà a questo» ringhiò, trasformandosi nel lupo più grande che avessi mai visto da quando avevo lasciato casa. Sembrava di un colore marrone scuro, non nero… la luna rifletteva abbastanza luce da permettermi di capirlo. Tuttavia… non riuscivo più a distinguere il colore dei suoi occhi.
Li caricò. Tutti cercarono di scansarsi, tranne il capo. «Possiamo batterlo tutti insieme!» gridò, convincendo alcuni di loro a corrergli in aiuto. Aveva ragione… quindici contro uno era una probabilità assurda. Gli si precipitarono addosso prima che potesse raggiungere il loro capo, ma lui era una macchina da guerra. Io, come lupa, non potei fare altro che guardare.
L'enorme Alpha girò di scatto la testa e spezzò il collo di uno di loro in un istante. Tutti lo mordevano, e lui li uccideva uno a uno nella sua forma di lupo. Ora riuscivo a vederli: i suoi occhi erano neri… avevo visto solo un'altra persona con gli occhi di quel colore quando era un lupo… Mi strappò ai miei pensieri, perché si girò di scatto, tornò alla sua forma umana e colpì un lupo che mi si stava avventando contro con una forza tale che sentii le ossa rompersi. La cosa mi costrinse a tornare alla mia forma umana.
Dopodiché, i superstiti si dispersero. Lui si avvicinò a me, così tanto che potevo sentire il calore del suo corpo. Ero nel panico. Lo guardai dal basso verso l'alto, dritto nei suoi occhi rosso sangue… i suoi occhi erano rossi anche in forma umana… Non avevo mai visto una cosa del genere. Cosa significava? Aveva letteralmente fatto a pezzi quei tizi. Puff, quindici lupi spariti dal pianeta in una manciata di minuti per mano di un solo lupo. Sussultai quando si chinò per arrivare al mio livello.
«Ragazzina» sogghignò. «Vattene a casa» disse, voltandosi e allontanandosi.
Mi ricomposi e mi diedi mentalmente uno schiaffo per aver lasciato che la paura prendesse il sopravvento. «Aspetta» gridai, esitante. L'uomo imponente si fermò, girando solo la testa nella mia direzione. «…Grazie!» gli dissi, e lui continuò a camminare.
Ne avevo avuto abbastanza di quella zona. Non c'era la minima possibilità che rimanessi un'altra notte come avevo pianificato, con tutto quel casino che stava succedendo. Tornai al mio piccolo accampamento e misi tutta la carne che avevo raccolto in un grande sacco della spazzatura che avevo portato con me. Non era il massimo, ma era tutto quello che avevo. Mi assicurai che il fuoco da campo fosse spento e smontai la tenda. Stavo giusto iniziando a prenderci la mano a montarla.
Attraversai i boschi e, al buio, mi diressi in una direzione a caso nella mia forma di lupa. Avrei potuto controllare la mappa sul telefono la mattina dopo e cambiare direzione se necessario. Non che fossi diretta verso un luogo o un branco in particolare, ma stavo cominciando a pensare che forse non sarebbe stata una cattiva idea iniziare a prenderlo in considerazione.
