Capitolo 5
Il punto di vista di Isabelle
Mi svegliai trovandomi davanti due severi occhi rossi che mi fissavano. Sobbalzai e urlai, graffiando l'intruso, che mi schivò con facilità, bloccandomi contro il sacco a pelo.
«Davvero?» disse il ragazzo con calma, nascondendo così bene le sue emozioni che non riuscii a decifrarle. Mi divincolai, scalciando a vuoto. Avevo le gambe intrappolate nel sacco a pelo… e le braccia immobilizzate sopra la testa da una sola mano artigliata.
«Sono io, sorellina» ridacchiò lui. Aprii gli occhi e vidi un sorrisetto sul volto di mio fratello. Papà e mio zio Conner erano lì accanto, con gli occhi severi e le braccia conserte.
Ero nella natura selvaggia da un solo giorno e sarei già potuta morire. Caleb mi lasciò andare e ritrasse gli artigli. Papà si avvicinò e io avevo già un'idea di cosa volesse dirmi.
«Izzy, non posso impedirti di cercare il tuo compagno, ma devi stare più attenta, oppure torni a casa» disse con fermezza.
«Papà, nessuno mi darà fastidio. Sono più forte della maggior parte dei lupi del branco, a parte voi tre e i miei cugini» risposi seccamente. Lui mormorò un "uhm" d'assenso, ma sembrava ancora poco convinto.
«Comunque non dovresti dormire così profondamente. E se tuo fratello fosse stato un lupo solitario con i suoi amici? Ti avrebbero uccisa per una cosa banale come il tuo giaciglio» mi fulminò con lo sguardo, come per accertarsi che avessi capito il pericolo. Conoscevo il rischio. Se non l'avessi accettato, non sarei partita.
«Papà, sono stata chiamata dalla Signora in persona per questo viaggio. Starò bene, quindi vieni qui e mangia un po' di zuppa con me» dissi con un sorriso, aprendo lo zaino per tirare fuori le tre lattine di zuppa di pollo e la mia padella più grande. Non sarebbe stata neanche lontanamente sufficiente per lupi così grossi, ma il punto era che mi stavo offrendo di condividerla con loro. Eravamo ancora membri del branco, non solo una famiglia.
Papà decise di lasciar perdere e dividemmo la zuppa usando tutte le pentole, le tazze e le altre cose che avevo a portata di mano. Rimanemmo in silenzio, ma sembravano abbastanza soddisfatti. Dopodiché, mi aiutarono a smontare la tenda e a rifare lo zaino. Decisi di tenere le lattine, magari avrei potuto usarle per qualcos'altro.
«Ma quanto mi sono allontanata, in realtà?» chiesi, prendendo in braccio Daisy e strofinandola addosso a Caleb, che ne fu sorpreso.
«Abbiamo corso solo per trenta minuti» rise zio Connor.
«Dammi qua, Izzy» ordinò papà, che procedette a infilarsi il mio prezioso unicorno sotto l'ascella!
«RIDAMMI DAISY, BRUTO!» ringhiai a pieni polmoni, ma lui la lanciò a zio Connor prima che potessi prenderla, e lo zio fece lo stesso, rilanciandola a Caleb. Quest'ultimo esitò, guardandomi con aria maliziosa. Chiunque altro non sarebbe riuscito a leggere quell'espressione stoica, ma io ci riuscivo sempre. Mi restituì il mio vecchio giocattolo, che ora puzzava. Aggrottai la fronte, fissando il suo corpicino maltrattato e maledicendo la mia bassa statura. Cara Signora, fa' che il mio compagno sia un macigno, per vendicare la mia povera piccola, pensai rabbiosamente. Desidero un maschio forte, non una roccia, disse Glitter, facendomi sbattere una mano sulla fronte. Loro ridacchiarono.
«È una buona idea, Izzy. Così potrai marcare il territorio con l'odore degli Alfa» disse papà, impressionato, e io mi limitai a fulminarlo con lo sguardo. Volevo che Daisy continuasse a odorare di casa ancora per un po'... non che puzzasse di maschio. Solo che non ebbi il coraggio di dirglielo, visto che sembrava così orgoglioso. Dovetti reprimere l'impulso di darmi un'altra manata in fronte.
«So che è ancora giorno, ma vuoi viaggiare in forma umana?» propose papà con noncuranza.
«Perché no?» borbottai. E laverò Daisy, pensai con il broncio.
Camminammo in forma umana, nel caso volessero ancora farmi compagnia. Sentivo che erano angosciati, perché sapevamo tutti che sarei potuta restare via per molto tempo. C'era anche la possibilità che non avrei più vissuto nel branco, se il mio compagno fosse stato un Alfa o se lo fossi diventata io. Quando avrei ottenuto i miei poteri, tra un centinaio d'anni, sarei stata più che abbastanza forte da guidare un branco.
Non importava che fossi una donna; papà mi aveva insegnato ogni singolo compito gestionale che un Alpha potesse avere, e i lupi seguono il più forte. Con un po' di fortuna, avrei potuto esserlo, specialmente perché avevo molta pratica. Ci avevano addestrati tutti proprio perché questo momento era una possibilità. L'unica cosa che mi mancava, al momento, era la pura forza bruta di mio fratello.
All'improvviso, mentre camminavamo, ricevetti una leggera gomitata e mi resi conto di essermi persa tra i pensieri. In lontananza si sentirono degli ululati, ai quali la mia famiglia rispose prima ancora che potessi provarci io. «Ehi, chi è che sta per intraprendere il viaggio che le cambierà la vita, qui?» domandai, vedendo i lupi avvicinarsi lentamente, a testa bassa. Sembravano essere in cinque, e il loro capo dal pelo argentato era davanti a tutti, con il capo chino più degli altri. Stava mostrando il massimo rispetto possibile, e capivo perché: il loro odore non era più forte di quello di un normale membro del branco.
Lo sguardo di Caleb si fece vitreo. Si era connesso con loro, e quelli si misero la coda tra le gambe. Il capo si trasformò e si inginocchiò, coprendosi la nudità come meglio poteva. Caleb mi nascose dietro di sé, facendomi aggrottare la fronte. Sapevo cavarmela da sola, pensai.
«Alpha Kaiden.» L'uomo inciampò sulle parole. «Pensavamo di cacciare fuori dalle vostre terre, ci perdoni, signore» disse, lanciandomi un'occhiata furtiva. Si guadagnò un ringhio da tutti e tre.
«Non volevo offendere» balbettò, ancora più incerto. «Ce ne andremo finché siamo ancora in grado di farlo, signore» disse, prima di trasformarsi e correre via senza attendere una risposta.
«Dovresti tornare a casa» disse papà con tono severo, guardando nella direzione in cui erano fuggiti.
«No. E poi, quei randagi mi avrebbero lasciata in pace comunque, per via dell'odore di Daisy sulla mia borsa» mi lamentai, perché a ogni folata di vento il suo nuovo profumo mi arrivava al naso. Papà mi diede una pacca sulla testa.
«Ok, viaggeremo in forma umana per un altro giorno, non si sa mai. Posso comunque raggiungerti se chiami» disse, indicando il cellulare che avevo in tasca. Annuii, ma in tutta onestà, se avessi potuto evitarlo, avrei preferito fare tutto senza il loro aiuto. Volevo dimostrare a me stessa di potercela fare. Dopo di che, rimanemmo piuttosto in silenzio.
Camminammo insieme, chiacchierando e godendoci la reciproca compagnia finché il sole non sembrò sul punto di tramontare. Li abbracciai e ci salutammo. Si allontanarono di un bel po' prima di trasformarsi e correre via ululando. Risposi all'ululato più forte che potei, perché loro non sapevano che, non appena non li avessi più sentiti, mi sarei trasformata anch'io.
Camminai per circa un'ora, godendomi il mondo che passava dal crepuscolo al buio. Avrei dovuto usare quell'ora per accendere un fuoco, ma non avevo intenzione di accamparmi. Avevo freddo e il vento mi sferzava aggressivamente il corpo nudo, ma infilai i vestiti nella borsa come meglio potei prima di trasformarmi. Scossi la pelliccia e allungai un po' le zampe, perché le mie due forme erano drasticamente diverse.
Il mio lupo nero era imponente; era solo la forma umana a essere carente. Spesso la gente pensava che fossi debole perché la donna media è quasi trenta centimetri più alta di me, ma il mio lupo era grande quasi quanto mia zia. Lanciai il mio ululato più cavernoso e letale, e non sentii alcuna risposta. Sapere che, in quel momento, ero il lupo più grosso della zona mi gonfiò il petto d'orgoglio.
Afferrai le cinghie della borsa con la bocca e corsi più veloce che potei finché non fui stanca, poi rallentai fino a un trotto. La falce di luna stava tramontando quando decisi di fermarmi per dormire un po'. Una volta ritrasformata, tirai fuori il cellulare e mi misi il pigiama. Il telefono non aveva bisogno di essere caricato; aveva ancora l'80% di batteria, dato che non l'avevo usato per tutto il giorno, ed erano solo le tre del mattino. Colsi l'occasione per tirare fuori il sacco a pelo e mettermi a dormire.
Mi svegliai con il sole alle sette del mattino, ed ero ancora stanca, ma questo non mi impedì di fare i bagagli e di correre di nuovo come lupo. Però, mi sentivo seguita.
